IL FALLIMENTO DELLA STRATEGIA E CROLLO DEL FRONTE UCRAINO | Vuhledar, POKROVKS, KURSK


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Se ti stai chiedendo come stia andando la situazione sul fronte ucraino, la risposta breve è: non bene. Nonostante i media continuino a propinarci un’immagine di successi ucraini brillanti, la realtà sul campo è ben diversa. La strategia di Kiev sembra essersi scontrata con un muro di cemento armato e la narrazione che ci viene servita rischia di essere una bella favola raccontata male.

Il fallimento ucraino, soprattutto a partire dall’inizio di agosto, è sotto gli occhi di chiunque voglia davvero guardare. Ogni giorno la situazione diventa sempre più drammatica, eppure, stranamente, se ne parla sempre meno. In compenso, ci vengono ribaditi concetti astratti come “difendere i principi fondamentali”, “la democrazia”, “la sovranità”, mentre intanto si mandano armi e miliardi di euro, rischiando di estendere ulteriormente il conflitto. Ma tranquillo, ci dicono, va tutto bene. Anzi, va benissimo.

La realtà del fronte

Analizziamo i fatti. Kiev, secondo alcune fonti, avrebbe mantenuto il controllo di alcune zone marginali in Russia, come l’oblast di Kursk, ma stiamo parlando di una superficie ridotta a poco meno di mille chilometri quadrati. Nel Donbass, soprattutto, il terreno ucraino si sgretola giorno dopo giorno sotto l’impeto delle forze russe.

La mappa del fronte è impietosa. A Pokrovsk, uno snodo di alto valore strategico, la Russia è a circa sei chilometri dall’avanzata definitiva. E quando cadrà – perché sembra solo una questione di tempo – possiamo già immaginare cosa succederà: ci diranno che non contava nulla. D’altronde, la narrazione segue sempre lo stesso copione: quando va male, in realtà va bene, basta saperlo interpretare.

Verso una guerra estesa?

La questione principale in questo momento è la possibile revoca delle restrizioni per gli attacchi in profondità sul territorio russo. Stati Uniti e Regno Unito non hanno ancora dato il via libera, consapevoli dei rischi che comporterebbe una mossa del genere. E qui scatta la domanda fondamentale: perché non si è scesi a patti prima? Perché si è alimentata la speranza, apparentemente illusoria, che Kiev potesse davvero resistere e vincere?

La realtà, ormai evidente a tutti tranne che ai più accaniti difensori dell’ideologia, è che continuare questa guerra sta portando a un massacro inutile, esponendo civili alla morte e consumando risorse preziose che potrebbero essere destinate a ben altro. Con l’aumento dei costi energetici, alimentari e la generale instabilità economica, la guerra sembra un lusso che né l’Ucraina né l’Europa possono più permettersi.

È tempo di fare i conti

Alla fine, è una questione di realismo. Molti analisti avevano previsto questo scenario già all’inizio del conflitto, suggerendo che sarebbe stato meglio scendere a compromessi. Oggi, con gran parte del territorio ucraino perso o in procinto di esserlo, e con un futuro incerto, le domande rimangono: quanto poteva davvero resistere l’Ucraina? E a quale costo?

Se si fosse agito diversamente, forse ora avremmo una situazione meno tragica. Ma, come spesso accade, la geopolitica segue logiche che vanno oltre il buon senso e la protezione delle vite umane. Ciò che è certo è che continuare su questa strada, tra illusioni e promesse non mantenute, sta portando al disastro. E tutto questo mentre i leader europei fanno discorsi pieni di ideali ma vuoti di realismo.

Quindi, che fare? Per quanto mi riguarda, la risposta è semplice: dobbiamo essere pragmatici e smetterla di illuderci. La guerra non si vince con le parole, ma con le azioni. E finora, le azioni ci stanno dicendo una cosa chiara: Kiev sta perdendo, e noi stiamo pagando il prezzo.

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Danilo Torresi

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