La situazione si sta complicando sempre di più sul fronte in Ucraina, in particolare nella zona di Kurakhove e in altri punti “caldi” come Kursk e Pokrovsk. Se pensavamo che, con l’avvicinarsi del 20 gennaio e l’entrata in carica di Trump, le ostilità potessero rallentare, ci sbagliavamo di grosso. Al contrario, le azioni sul campo sembrano essersi intensificate, e la Russia sta segnando nuovi avanzamenti.
Nuove conquiste russe nell’Ucraina orientale
Stando ad alcune fonti (come il canale ucraino Deep State), i militari russi avrebbero preso possesso di tre villaggi nell’Ucraina orientale. Gli obiettivi principali restano Kurakhove, Pokrovsk e altre località che, giorno dopo giorno, sembrano cadere sotto il controllo russo.
•Kurakhove sotto pressione
Il Ministero della Difesa russo annuncia che diverse zone intorno a Kurakhove sarebbero passate nelle loro mani. Dal canto loro, le fonti ufficiali ucraine ammettono che la situazione sul terreno è tutt’altro che semplice e che i combattimenti proseguono.
•Kursk: offensiva o azione mediatica?
Ancora oggi, molti parlano dell’“offensiva” di Kiev su Kursk. I russi sostengono di averla già respinta, mentre gli ucraini si attribuiscono meriti e vantaggi, in parte per mostrare ai propri alleati che le forniture di armi servono davvero. Tuttavia, osservando la velocità con cui le forze russe avanzano a est, risulta difficile considerarne il reale beneficio strategico.
Pokrovsk e altri fronti “caldi”
Oltre a Kurakhove, un’area determinante è Pokrovsk: viene definita da più parti uno snodo logistico cruciale. Se dovesse cadere completamente nelle mani dei russi, l’Ucraina rischierebbe di perdere un altro caposaldo nella regione di Donetsk.
1.Fronte Est sempre più instabile
Le conquiste russe si sono intensificate dopo agosto, in particolare negli ultimi giorni. Che cosa significa? Che la linea di difesa ucraina fatica a reggere la pressione russa, anche a causa di una certa carenza di truppe motivate e ben addestrate.
2.Le ragioni di un arretramento costante
Diversi osservatori sottolineano come, a mancare, siano principalmente i soldati. Le risorse (in termini di armi e denaro) non sarebbero mai mancate, grazie all’appoggio di numerosi Paesi occidentali. Il vero problema è la stanchezza e la demoralizzazione delle truppe ucraine, costrette a combattere da mesi senza grandi risultati sul fronte.
Il “fattore Trump” e le speranze di una svolta
Il 20 gennaio si insedierà la nuova amministrazione americana. Molti, da tempo, ripongono speranze in un ipotetico stop alle ostilità, ma finora sul campo non si registra alcun rallentamento. Anzi, le offensive proseguono come prima, se non più di prima.
•Tregua: sì o no?
Sia Mosca sia Kiev hanno già dichiarato di non gradire “congelamenti” del conflitto. Da un lato Putin punta a risolvere con una vittoria concreta, dall’altro Zelensky non intende cedere territori che considera ucraini. A oggi, nessuno dei due sembra disponibile a fermarsi.
•L’insediamento cambierà davvero le cose?
Se da un lato Trump potrebbe proporre forme di dialogo più dirette (magari a beneficio del suo elettorato), dall’altro non è il “presidente della NATO”. Per una trattativa concreta, serve il consenso di entrambe le parti in lotta. Attualmente, la diplomazia è in stallo.
Cosa aspettarci per il futuro
Le prossime settimane potrebbero essere ancora più intense di quelle trascorse dall’elezione di Trump. Non è chiaro se gli ucraini tenteranno una nuova offensiva o se la Russia proseguirà con maggiore incisività i propri assalti. I segnali, però, non inducono all’ottimismo: parlare di una fine del conflitto pare prematuro.
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